Analisi

Resilienza leghista. Tutti i numeri della vittoria di Fedriga

Lega primo partito, Fdi in calo. Crisi per M5S e Terzo polo. L’utilizzo del voto di preferenza e la difficoltà per le donne nel raccogliere consensi personali

Massimiliano Fedriga ha stravinto le elezioni regionali di domenica scorsa col 64,2%, le liste in suo sostegno hanno ottenuto 63,5%, la Lega – col 19% – si è affermata come primo partito. Ma cosa c’è di straordinario nel successo di Fedriga?

Il voto ai candidati presidente. Fedriga meglio che alle politiche
Un numero su tutti: 314.824. Sono i consensi ottenuti dal candidato presidente, ben 19.667 in più rispetto a quelli raccolti dal centrodestra alle politiche del 25 settembre 2022, a fronte di un’affluenza scesa dal 66,2 al 45,2%, con 117.731 elettori in meno recatisi alle urne.

Fedriga – escludendo la candidata No Vax Giorgia Tripoli, la cui lista non era presente nella circoscrizione di Tolmezzo per carenza di sottoscrizioni – è il candidato presidente che raccoglie più voti rispetto alle liste collegate. Al netto del possibile ricorso al voto disgiunto, di solito marginale, solo il 79,6% degli elettori che lo hanno scelto hanno poi segnato con una X anche il simbolo di una delle liste del centrodestra, dato che sale all’81,2% per Maran (Terzo polo) e all’84,4% per Moretuzzo (centrosinistra). La lista Insieme liberi, in sostegno di Tripoli, ha invece raccolto solo 68,7% delle preferenze andate alla sua candidata presidente (ma pesa, come detto, l’esclusione della lista in una delle 5 circoscrizioni), mentre in media ben 1 elettore su 5 (il 19,5%) ha votato solo per il candidato alla presidenza. Un trend, questo, che si registra un po’ in tutte le elezioni regionali, anche a causa della conformazione delle schede elettorali che, ponendo il nome dei candidati governatori a sinistra dei simboli di partito – anziché sopra come per le elezioni nei comuni con oltre 15mila abitanti – tende a limitare l’espressione del voto per le liste.

Il voto alle liste. La Lega rialza la testa
La sorpresa è nel centrodestra. La Lega, che dopo il tracollo delle politiche temeva di essere superata anche alle regionali – come già avvenuto in Lombardia – non solo riesce ad affermarsi come prima lista ma addirittura raddoppia la propria percentuale rispetto a settembre (passando dal 10,9 al 19%) e aumenta in termini assoluti – a fronte del citato calo dell’affluenza – i consensi assoluti (crescendo da 64.806 voti a 75.117). E’ l’unico partito che ci riesce. Le liste del centrodestra nel loro complesso, pur crescendo percentualmente dal 49,8 al 63,5%, lasciano sul campo 44.254 voti (il 15%).

Il partito più penalizzato in queste regionali, rispetto alle politiche, è quello della premier. Fratelli d’Italia, dopo l’exploit del 2022, arretra dal 31,3 al 18,1%, perdendo oltre la metà dei consensi (da 185.234 a 71.503). La causa? Probabilmente il grande risultato della lista Fedriga (17,7%, 70.792 voti) che fa contrarre anche il voto leghista rispetto alle regionali di 5 anni fa, quando il Carroccio toccava la vetta del 34,8%. Stabile, nel consenso percentuale, Forza Italia, ferma al 6,6%.

Il centrosinistra, sommando il risultato ottenuto dal M5S anche alle politiche, scende del 3,6% (fermandosi sotto al 30%) e di 21.544 voti reali (l’11%). Nel Pd – forse anche a causa della presenza di un’ulteriore compagine di sinistra, quella dell’ex sindaco di Udine Honsell, nonché della lista Patto civico – non si vede l’effetto Schlein. I dem, pur vantando uno zoccolo duro del 16,4% perdono 2 punti rispetto alle politiche e ben 43.727 voti.

Sono in particolare Terzo polo e 5 Stelle però a confermare, dopo le performance alle recenti elezioni in Lazio e Lombardia, le grandi difficoltà nel contesto regionale. Azione e Italia Viva raccolgono solo un quinto dei voti assoluti ottenuti a settembre (passando dall’8,7 al 2,7%), mentre i 5 Stelle – che dei 42.575 consensi ottenuti alle politiche ne riprendono solo 9.486 – calano dal 7,1 al 2,4%.

L’utilizzo del voto di preferenza. Un elettore su due non lo spreca
Quanto usano il voto di preferenza gli elettori del Friuli Venezia Giulia? Abbastanza. Quasi un elettore su due (49,7%), di quelli che hanno espresso il voto per una delle liste, esprime anche la preferenza, scrivendo sulla scheda elettorale il nome di uno dei candidati al Consiglio regionale. Già, uno solo. Forte anche dell’autonomia statutaria, in Friuli Venezia Giulia, la doppia preferenza di genere è ancora tabù.

Tra le coalizioni, ad usare di più le preferenze, sono gli elettori di centrosinistra (56,6%): dal 71,3% diPatto civico al 27,9% del M5S (i cui elettori storicamente ne fanno scarso ricorso), con quelli del Pd al 55,2%.

Nel centrodestra – tasso medio al 46,9% – la fanno da padroni i candidati di Forza Italia che raccolgono preferenze pari 68,1% del voto di lista. Fratelli d’Italia tocca il 53,7% e la lista Fedriga il 47,4%, mentre la Lega si ferma ad un tasso del 31,7%. Il dato è significativo del recupero di consenso del Carroccio tra i cuori degli elettori della regione e può rappresentare un campanello d’allarme per Fratelli d’Italia. Ad un tasso di preferenza più basso corrisponde infatti un voto di opinione più corposo, quello che la Lega sembra essere riuscita ad intercettare.

Azione ed Italia Viva, con un tasso del 60,4%, si pongono al di sopra della media regionale, un dato che, visto pure l’esiguo numero di voti complessivi ottenuti, potrebbe destare preoccupazione dalle parti del Terzo polo.

Il voto di genere. Le difficoltà delle donne
Come detto, in Friuli Venezia Giulia, esprimere due preferenze non è possibile. Ma quante ne hanno prese le donne? Poche.

Su un totale di 560 candidature per il Consiglio regionale, le donne sono state 234, il 41,8%. L’unico partito a poter vantare un numero di esponenti femminili maggiore di quelli maschili era Open sinistra di Furio Honsell (19, il 52,8%, contro 17 uomini). Il partito con meno donne candidati è stato invece il M5S (9, il 31%, contro 20), seguito da Fdi (16, il 34,8%, contro 30). Con meno del 40% di candidate anche lista Fedriga, Forza Italia, lista Tondo, e – di un pelo, il 39,5% – Insieme liberi. Il centrodestra, nel suo complesso, ha avuto il 38,3 di candidate. Il centrosinistra il 45,6%.

In media, le 234 candidate hanno raccolto 227 preferenze (quelle del centrodestra 303 e quelle del centrosinistra 208). Gli uomini 438 (quelli del centrodestra 640 e quelli del centrosinistra 332). Oltreché poche di numero, le donne sembrano anche avere maggiore difficoltà a raccogliere consensi personali, rispetto ai colleghi uomini, ne prendono infatti meno della metà le esponenti del centrodestra e un terzo in meno quelle del centrosinistra.

Nel complesso, sulle 196.117 preferenze totali espresse dagli elettori, le candidate ne hanno raccolte 53.243 (il 27,1%) e i candidati 142.874 (il 72,9%). Gli elettori più femministi sono stati quelli di Alleanza Verdi e Sinistra, l’unica lista in cui più della metà delle preferenze è andata a soggetti di sesso femminile (il 58,7%). I più maschilisti sono stati invece gli elettori di Forza Italia che, nell’84% dei casi, hanno premiato gli uomini.

Difficoltà a raccogliere preferenze tra i propri elettori, ponendosi sotto la media regionale, le hanno avute anche le candidate di Fratelli d’Italia (22,1% sul totale delle preferenze espresse dagli elettori della propria lista), civica Fedriga (16,4%), lista Tondo (21,5%) e Open Sinistra (22,1%, nonostante la maggioranza dei candidati fosse proprio donna). Sopra la media si pongono invece la Lega (37,8%), il Pd (33,2%), Patto civico (34,4%), Slovenska skupnost (36,7%), M5S (41,2%), Insieme liberi (30,2%) e, di poco, il Terzo polo (29,5%). Se i due principali partiti italiani, Pd e Fratelli d’Italia, si possono fregiare di leadership femminili, per le candidate alle cariche elettive la strada da fare nella capacità di raccolta di consensi personali è evidentemente ancora tanta.

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